LE PARABOLE DELLA MISERICORDIA 3
Gesù mangia con i peccatori
P. Veronese – Cena nella casa di Levi
Il dipinto intitolato Cena nella casa di Levi fu commissionato a Veronese dai domenicani della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, per sostituire un dipinto di Tiziano andato distrutto nel 1571. Il tema doveva essere quello dell’Ultima cena di Cristo, ma l’autore voleva dire qualcos’altro… che non fu apprezzata dalla Santa Inquisizione. Veronese non volendo modificare l’opera secondo le indicazioni dei committenti dovette esporsi al tribunale del Sant’Uffizio nel luglio 1573 e difese strenuamente le proprie scelte definendole “invenzioni d’ artista”: “se nel quadro li avanza spacio, io l’adorno di figure secondo le invenzioni“; e ancora “Nui pittori si pigliamo la licentia che si pigliano i poeti e i matti“. Alla fine fu costretto a modificare il nome dell’opera. Il nuovo titolo del dipinto fu La cena a Casa di Levi, il quale ricalca un episodio del Vangelo secondo Luca in cui Matteo, o appunto Levi, prepara una grande festa nella propria dimora invitando amici pubblicani e peccatori. In tutte le religioni Dio minaccia i peccatori di castighi: Dio e i peccatori sono agli antipodi, e in tutte le religioni l’uomo colpevole di peccato deve procedere ad un determinato cammino di conversione per ottenere il perdono. Il cammino è questo: l’uomo pecca, si deve pentire, quindi la condizione è il pentimento, deve denunciare la colpa che ha commesso, deve offrire un sacrificio per riparare questa colpa e solo alla fine gli viene concesso il perdono. Gesù invece si comporta in una maniera lontana da questo schema, e per questo scandalizza i religiosi, i devoti, corretti, giusti, quelli che hanno impostato una relazione con Dio in termini meritocratici. Ecco dunque il senso dei volti raffigurati da Veronese: attoniti, sorpresi, impacciati, curiosi, scandalizzati… Chi ritiene che l’amore di Dio vada meritato con i propri sforzi, non può accettare un Gesù che, invece, insegna e dimostra che l’amore di Dio non occorre meritarlo, ma bisogna accoglierlo come regalo gratuito, perché il Dio di Gesù non guarda i meriti delle persone, ma i loro bisogni.
Secondo la tradizione ebraica, da un peccatore bisognava tenere una distanza di
almeno due metri, bisognava evitarli, non era possibile contattarli neanche per
invitarli alla conversione, e bisognava pregare Dio che li distruggesse. Allora
immaginiamo lo scandalo non solo del gesto di Gesù, ma millecinquecento anni dopo la sola raffigurazione. Gesù non solo non evita i peccatori, ma va loro in cerca. E Gesù non invita alla conversione, al pentimento, con un’offerta al sacrificio per ottenere attraverso di lui il perdono di Dio, ma fa come se il peccato non esistesse. Lo tratta in una maniera completamente nuova.
Se il Signore guarda i bisogni, tutti sono bisognosi, non c’è una sola persona che non sia bisognosa del Suo amore. Dio non guarda i meriti, ma guarda i bisogni, si sente attratto da quelle persone, che i pii, i devoti, evitano e da cui si tengono alla larga, cioè i peccatori.
Ecco allora l’allegro e scomposto caos del festino del Veronese, e lo sconcerto dei commensali maggiorenti. Addirittura la stizza del padrone di casa vestito di rosso, dello stesso Pietro a fianco di Gesù e dell’intellettuale con gli occhiali… si guardano attorno con impaccio e nulla vogliono toccare. Gli sguardi vanno in mille direzioni pur di non incontrare gli occhi del Maestro.
Le persone religiose salgono, Dio scende e così, in un eterno saliscendi non si incontreranno mai. I farisei e gli scribi dicono: “Costui riceve i peccatori…” Gesù che accoglie i peccatori, ai quali non chiede di cambiare vita è un messia scandaloso; “…mangia con loro” è lo scandalo peggiore.
Per comprendere questo allarme da parte dell
e persone pie, bisogna rifarsi alla
cultura ebraica, nella quale il pranzo veniva condiviso, mangiando tutti in unico
grande piatto, quindi al centro della tavola c’era un piatto dove tutti quanti mettevano
la mano per mangiare, e se uno di questi invitati era una persona infetta, è chiaro che
la sua infezione si trasmetteva al piatto e tutto il piatto diventava infetto e tutti quanti
contraevano questa infezione. Se uno dei commensali è un peccatore, la sua impurità
contagia tutti gli altri. Ecco spiegato perché denunciano Gesù che mangia con i
peccatori: è impuro perché s’è contagiato mangiando con loro.
Gesù risponderà a scribi e farisei, cioè alle persone spirituali, alle persone
religiose, alle persone devote, raccontando le parabole del “figliol prodigo”, della “pecora sperduta(Lc 15, 4-7)” e quella della “moneta smarrita(Lc 15, 8-10)”. Gino Prandina