Cristoforo De Predis,La parabola del giovane ricco, miniatura secolo XV.
L’arte
Cristoforo de Predis (o Preda), pittore sordomuto, probabilmente esprimeva attraverso la pittura quei segni con cui comunicava. Prendendo dunque ispirazione dalla sua condizione egli rese ai personaggi dipinti quella capacità mimica e gestuale evidente in diverse opere. Leonardo, nel suo Trattato della pittura tessè un elogio per quanto si possa imparare dalle persone mute. Cristoforo fu sicuramente molto intelligente ed abile; capiva e sapeva farsi capire. I suoi fratelli avevano imparato a comunicare con lui e lo rispettavano.
Formato sulle miniature di Belbello da Pavia, superò lo stile goticheggiante per aprirsi nuove sensibilità rinascimentali. Nella sua prodizione troviamo riferimenti alla pittura lombarda, ferrarese, e alle suggestioni di provenienza francese e fiamminga.
L’artista trovò committenze presso la corte degli Sforza ed altre famiglie nobili. L’immagine a commento del Vangelo domenicale esprime mediante i segni l’episodio di una fra le tante vocazioni irrisolte. Un discepolo, forse Pietro, sta dietro a Gesù, mentre un giovane gli sta innanzi. Alla chiamata qui non si tratterebbe a priori di un diniego, ma degli ostacoli alla sequela. È una tristezza per Gesù che, sconsolato, farà poi coi discepoli il suo commento. Ma è una tristezza anche per quel giovane che se ne andò seppur molto dotato… anzi, quelle stesse doti ora si frappongono fra lui e Gesù. Il commento visuale esprime chiaramente tutta la dinamica: La chiamata di Gesù (lo sceglie personalmente indicandolo col dito, e prendendolo per la mano), la sorpresa del giovane che istintivamente si ritrae, la sacca del denaro fra i due. Parrebbe che mentre il Maestro autorevolmente lo attrae a sé… il giovane arresta il passo. Quanti “giovani” uomini e donne ricchi di qualità e mezzi, ben presto, sono sedotti dalla quantità più che dalla qualità. Chi è disposto a credere a quella centuplicazione promessa da chi si lascia amare dal Maestro?I
Quest’uomo sembrava perfetto: era
ricco e, in più, obbediva ai comandamenti divini. Si rivolse a Gesù perché, fra
i vari possessi, voleva anche la vita eterna che desiderava come
un’assicurazione a lunga scadenza. Ricchezza al di qua per oggi e domani, e
ricchezza nell’aldilà… ma come ottenerla?. Gesù aveva già annunciato che per
salvare la propria vita bisognava essere disposti a perderla, e che per
seguirlo occorreva rinnegare se stessi e portare la propria croce (Mc
8,34-35).
L’uomo nella sua sincera ingenuità si guadagnò uno sguardo comunque di stima da
parte di Gesù: “Una sola cosa ti manca, decisiva per te. Rinuncia a possedere,
investi nel tesoro del cielo, e il tuo cuore sarà libero e potrà seguirmi”. Ma
le parole di Gesù ebbero effetto: quest’uomo, rattristato, preferì ritornare a
quel quotidiano che gli procurava ricchezza. Non capì che gli veniva offerto un
bene incomparabilmente più prezioso e duraturo: l’amore di Cristo che comunica
la pienezza di Dio (Ef 3,18-19). Paolo l’aveva capito bene quando scrisse:
“Tutto ormai io reputo spazzatura, al fine di guadagnare Cristo… si tratta di
conoscerlo e di provare la potenza della sua risurrezione…” (Fil
3,8-10).